MILANO DESIGN FILM FESTIVAL 2019

Giunto alla sua settima edizione, Milano Design Film Festival è un atteso appuntamento annuale con il cinema e il progetto che raccoglie storie di architetti e designer, stili, avanguardie e inchieste su grandi temi sociali. Un evento della durata di quattro giorni che, come ogni anno, propone al pubblico un’ampia selezione di pellicole e una serie di incontri e dibattiti.

L’obiettivo è avvicinare gli spettatori alle più contemporanee concezioni del design e dell’architettura, lavorando sull’idea che tutto ciò che ci circonda è legato alla progettazione. Come sosteneva il pittore e fotografo ungherese, esponente di punta del Bauhaus, László Moholy-Nagy, il design non è un mestiere ma piuttosto una predisposizione.

Design as an attitude è anche il titolo di uno degli ultimi lavori di Alice Rawsthorn, firma importantissima – e probabilmente la più creativa – del giornalismo di settore nonché Guest Curator per l’edizione 2019 del MDFF.
La selezione di dieci pellicole operata dalla Rawsthorn risponde a un quesito che la grande critica inglese si è posta subito dopo aver accettato l’invito delle direttrici del festival. Cosa rende un film un “design film”? Pensiamo a un documentario che tratta l’argomento in modo specifico o a un film che parlando d’altro, mostra il design e l’impatto che ha nelle nostre vite? O ancora, si definisce “design film” una pellicola che, proprio per come è stata pensata, girata e montata, rappresenta il design applicato alla cinematografia? La selezione presentata dalla Rawsthorn dimostra che la definizione di “design film” può essere tutte queste cose, spingendosi a toccare temi come il consumismo, l’industrializzazione o l’inquinamento.

Ogni storia narrata nelle pellicole in palinsesto, del resto, parla a tutti e racconta la storia di ognuno. Come nel film d’apertura The Human Shelter di Boris Benjamin Bertram, dove il regista danese ci conduce in un viaggio poetico e antropologico per scoprire cosa le persone definiscono casa. Un documentario che vuole esplorare come lo shelter, il rifugio, possa mutare a seconda delle circostanze. Nel presentare la contemporaneità anche nelle sue forme più estreme – uno studio newyorkese, una baraccopoli o i sei metri quadrati a Tokyo – il regista lancia una riflessione sulla relazione tra l’uomo e la geografia politica, climatica e sociale del suo habitat.

Una pellicola che si inserisce perfettamente nel programma elaborato per questa edizione del Festival dalle curatrici Antonella Dedini, Silvia Robertazzi insieme a Porzia Bergamasco. Il titolo scelto per il MDFF 2019 è infatti Mind The Gap, e trattiene in sé l’invito a cogliere le differenze, riflettere sui cambiamenti, ragionare su una rivoluzione digitale che ci coinvolge direttamente e modifica il nostro modo di relazionarci non solo con gli altri, ma anche con gli oggetti che ci circondano.

Si parlerà di Intelligenza Artificiale, con una serie di titoli a indagare un futuro tessuto da macchine con trame di algoritmi. Tra i titoli presenti in questa sezione, Elevation il film di Marcus Fairs e Oliver Manzi prodotto da Dezeen, conosciuto magazine online inglese, sui droni e su come questi abbiamo cambiato la percezione dell’architettura; More Human Than Human di Femke Wolting e Tommy Pallotta che lancia una riflessione sulla creatività ai tempi dei robot; o ancora The Truth about Killer Robots di Maxim Pozdorovkin, dove giornalisti, ingegneri e filosofi analizzano situazioni dove l’uomo è rimasto vittima della robotica e come questa, se non controllata, possa diventare una minaccia.

Art of Thinking, è la sezione che raccoglie non solo storie trasversali al mondo del progetto, ma anche pellicole sperimentali dal punto di vista cinematografico come l’autentica performance online Operation Jane Walk degli artisti Leonhard Müllner e Robin Klengel o Martin Cries di Jonathan Vinel: 16 minuti di pathos realizzati a partire dal motore grafico del video gioco Grand Theft Auto V.

Documentari che fanno pensare sono anche Push di Fredrik Gertten, vincitore del Politiken Audience Award 2019, che grazie anche agli interventi di Roberto Saviano, Joseph Stiglitz, Leilani Farha (Relatrice

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Speciale delle Nazioni Unite sul Diritto alla casa) e Saskia Sassen indaga la relazione tra finanza, Real estate e crisi abitativa. Anche Hashti Tehran di Daniel Kötter descrive la sfida urbanistica di Tehran, della sua periferia e di una realtà sociale molto complessa. Segnaliamo infine Mirabilia Urbis, di Milo Adami, che mostra Roma attraverso gli scritti del giornalista e ambientalista Antonio Cederna, dalla ricostruzione post bellica alle baracche fino alle lotte per la casa degli Anni 70.

Si riconferma anche per l’edizione 2019 una particolare attenzione al genere biografico: tra tutti i titoli, meritano menzione le anteprime italiane City Dreamers di Joseph Hillel, Bauhaus Women di Gregor Schnitzler, Harry Seidler: Modernist di Daryl Delora (anteprima italiana) Barbara Stauffacher Solomon: Visions Not Previously Seen di Christian Bruno, Kurt Keppeler, Nataliija Vekic, Corrado Levi Marrakech Theorie (2006-2019) di Alice Guareschi.

Al design sarà dedicata la serata di apertura (solo su invito per il 23 ottobre al Triennale Milano Teatro), dove verrà proiettata la première italiana di Chair Times. A History of Seating di Heinz Bütler (Svizzera, 2018, 90’). La pellicola, realizzata in collaborazione con il Vitra Design Museum, racconta attraverso l’esclusiva collezione di sedie di Rolf Fehlbaum l’evoluzione del prodotto industriale, i protagonisti e le avanguardie che hanno fatto la storia del design. La proiezione sarà introdotta dallo stesso Fehlbaum in conversazione con Stefano Boeri, Presidente Triennale Milano. Ospite speciale, oltre al Sindaco Giuseppe Sala, Alice Rawsthorn, che saluterà gli ospiti e sarà a sua volta protagonista il 24 ottobre alle 11:30 all’Anteo Palazzo del Cinema, di un dialogo con Fehlbaum prima della proiezione della pellicola di Bütler aperta al pubblico. La sua lecture invece è prevista lo stesso giorno alle 20:30 e sarà seguita da Une ville à Chandigarh di Alain Tanner.

Un altro momento importante precederà la proiezione di Ornamento e Delitto unico filmato di Aldo Rossi, Gianni Braghieri e Franco Raggi per la regia di Luigi Durissi prodotto in occasione della XIII Triennale di Milano (1973). Il documentario verrà proposto nella versione appena restaurata dalla Cineteca di Bologna. Gli architetti Braghieri e Raggi insieme a Chiara Spangaro della Fondazione Aldo Rossi ricorderanno quella particolare stagione creativa e politica grazie al supporto dell’azienda Marazzi Ceramiche, sponsor del festival fin dalla prima edizione.

La storia della qualità artigiana delle aziende italiane troverà riscontro nella pellicola prodotta da Lualdi dal titolo Doors_Lualdi Stories, diretto da Francesca Molteni con testi di Patrizia Scarzella. A introdurre insieme alla regista e alla giornalista l’architetto Cino Zucchi. Il racconto parla di storie intrecciate di una famiglia e della loro prima falegnameria artistica aperta nel 1860: radici lontane che hanno saputo svilupparsi e dare vita a un’azienda oggi internazionale, protagonista del design italiano per i suoi esclusivi sistemi divisori. Latta e Caffè di Antonello Matarazzo invece è dedicato al lavoro, poetico e visionario, dell’architetto napoletano Riccardo Dalisi: una pellicola che parla di artigianalità italiana e di originale creatività che ben rappresenta il lavoro intrapreso dalla nuova piattaforma Design Italy nata per ricercare, valorizzare, promuovere e commercializzare all’estero la creatività e qualità unica del design italiano. Per la prima volta supporta il festival.

Una serie importante di anteprime per l’Italia affronta il tema dell’architettura. Architecture of Infinity dello svizzero Christoph Schaub indaga lo spirituale nell’arte e nell’architettura mostrando, tra gli altri, lavori di Peter Zumthor, Peter Märkli e Alvaro Siza, per citarne alcuni, mentre The Real Thing di Benoit Felici racconta il paradossale mondo delle copie: se oggi è possibile vivere in una finta Avenue des Champs- Élysées in Cina, questa pellicola oltre a rivelare come si vive una vita vera in un non-luogo, lancia una riflessione su una pratica, quella della copia, antica come l’architettura. The Black Museum di Oliver Hardt racconta non solo l’architettura, ma l’importanza simbolica del National Museum of African American History and Culture (NMAAHC) a Washington D.C., progettato da David Adjaye. Infine, non per importanza, The Idea Is Paramount. The Architectural Passions of Andrzej Wajda di Jacek Link- Lenczowski che partendo dall’inedita passione per l’architettura e la cultura giapponese del regista polacco ripercorre la vicenda e la realizzazione del museo d’arte realizzato a Cracovia grazie anche al suo supporto economico.