DOPO IVAN IL MATTO… QUALE FILM VEDREMO?

I risultati pubblici di fine luglio e pubblicati da parte delle rare aziende del mondo ceramico quotate in Borsa danno da pensare. I risultati del primo semestre riflettono le difficoltà persistenti del mercato globale, dove ogni azienda cerca con successi alterni di mitigare gli effetti della contrazione della domanda grazie a recuperi di efficienze interne e strategie di contenimento dei costi.
Il primo semestre (H1) 2025 di Mohawk Industries vede vendite nette di 5,3 miliardi di dollari, in calo del 2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Su base rettificata, a parità cioè di giorni lavorativi, la diminuzione è stata dello 0,7%. Utile netto: 219 milioni di dollari, un deciso calo rispetto ai 262 milioni di dollari del primo semestre 2024, già debole rispetto al 2022 ed al 2023. Il Q2 ha visto vendite nette di 2,8 miliardi di dollari, stabili, ed un utile netto in calo del 3% circa. Il Segmento Global Ceramic, che include Marazzi, Dal Tile, Eliane e Elizabeth, ma anche Kerama, vede le vendite che sono aumentate dello 0,5%, o dell’1,1% su base rettificata. L’utile operativo del segmento è però diminuito a 90,3 milioni di dollari, con un margine operativo EBITDA dell’8,1% (rispetto all’8,5% del Q2 2024), a causa dell’aumento dei costi dei fattori di produzione. E’ un numero basso, insufficiente in prospettiva. D’altra parte, la rivale Victoria PLC vede i ricavi sottostanti sono stati di 1.115,2 milioni di sterline, in calo del 9% rispetto all’anno precedente. L’EBITDA sottostante è sceso a 113,7 milioni di sterline (dai 159,0 milioni del 2024). Siamo su numeri simili, con la differenza che qui c’è un debito finanziario enorme, pietosamente chiamato leva, che si mangia tutto, andando in rumorosa perdita. La divisione ceramica tutto sommato va meglio della moquette, avendo un EBITDA di circa il 12%, pur con vendite del 10% inferiori ad un anno fa e di ben oltre 170 milioni di sterline in meno rispetto al 2023 (erano 450 milioni, ora sono 280).
Queste sono aziende globali, in teoria dovrebbero hedgiare meglio di quelle ‘puramente sassolesi’ i rischi di costo. Ma allora perché non ci riescono? A Sassuolo ci sono campioni ben più performanti, o perfino proporzionalmente molto più solidi a parità di dimensioni. Ma anche a Castellon, dove Pamesa ed STN insieme fanno quasi 200 milioni di mq, sono solidissime, efficienti e competitive. Altro che dazi.
Eh però…non può durare, e non può durare per tutti. Il cappio energetico e fiscale stringe sempre di più.
Una riflessione sullo stato attuale delle economie globali si impone per avere una prospettiva.
Osservando i dati macroeconomici, è evidente che la maggior parte delle economie è in fase terminale. Come i malati di cancro ai polmoni che continuano a fumare, i responsabili politici di governi, banche centrali e istituzioni finanziarie persistono con le stesse strategie errate che hanno causato questa crisi, che fingono di non vedere, rimandando il problema ‘ad maiora’.
L’iniziativa di bilancio dell’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, soprannominata da lui stesso ” One Big, Beautiful Bill “, è stata approvata con successo.
In Europa con il green deal dopo il pareggio di bilancio nella costituzione tedesca dopo l’austerità post Lehman abbiamo raggiunto il ridicolo, ricattati da pochi stati del Nord, pieni di gas, petrolio e demograficamente rilevanti, oppure siamo ricattati da postcomunisti dell’Est spacciati per filorussi quando sono solo filoputiniani. Non è la stessa cosa. Non era la transizione ecologica, quella per cui valeva la pena sacrificare l’agricoltura, chiudere fabbriche, vietare i motori diesel e umiliare il piccolo imprenditore che ancora la sera spegne le luci del suo capannone? Per poi comprare lo stesso il gas russo…però facendogli fare il giro del mondo via nave, liquefatto. Per non parlare del gas americano, necessario, ma per il ricatto dei dazi (messi per non tornare indietro dopo che ci hanno salvato tre anni fa, poche balle). I numeri sono impietosi. Nel 2020, un’impresa industriale italiana spendeva 15-20 centesimi, alcuni anche 12-13 centesimi per ogni Smc di gas. Già nel 2021 era il doppio, ma nel 2023 il prezzo è salito anche oltre 1 euro/Smc (a ferragosto 2, ma il riscaldamento non andava e le fabbriche erano ferme, mentre la Germania riempiva i serbatoi fino all’orlo senza avvisare nessuno, furbi!) Un incremento del 250%, con picchi ancora peggiori durante le crisi logistiche.
Un’azienda media del Nord Italia, con consumi annui di 10 milioni di Smc, ha visto la sua bolletta energetica passare da 3 a oltre 10 milioni di euro. In due anni. Non c’è piano PNRR che tenga, non c’è innovazione che resista. Ci sono volute le nostre tasse, quindi abbiamo restituito parte degli stipendi alle aziende, ‘per salvarle’. Grazie!
Quasi tutte hanno fatto utili record, bastonando i clienti (cioè i cittadini, cioè noi) con inflazioni assurde, ma gli utili sono finiti (in ceramica soprattutto) agli azionisti, più che alle imprese ed ai suoi dipendenti. Per fortuna le stesse indugiano a metterli in cassa integrazione se non quando davvero messe male.
Il debito pubblico ha raggiunto livelli allarmanti, eppure, invece di ridimensionarlo, i governi continuano ad esercitare un controllo eccessivo e imponendo una regolamentazione eccessiva. Questo approccio non solo è costoso e insostenibile, ma soffoca anche l’economia come un pitone.
Le imprese sono ostacolate da un settore pubblico che non si sgonfia mai, come un palloncino solo si sposta, da nazionale ad europeo, sempre più carente della componente di servizi necessaria, e allo stesso tempo alle prese con finanziamenti insufficienti a causa di una tassazione eccessiva, ma non applicata con giustizia alle grandi imprese transnazionali (americane ma non solo) che erogano servizi immateriali, su cui non si paga il dazio in dogana.
La UE fa finte liberalizzazioni, come l’energia (un regalo alle banche) ma sembra ossessionata dallo spremere fino all’ultimo centesimo cittadini e imprese attraverso balzelli vari, o politiche fiscali arbitrarie, che non fanno altro che vanificare i veri sforzi di riforma. L’alternativa spesso comporta l’aumento del debito nascosto, mascherato sotto varie etichette, come il ‘Sondervermogen’ (asset speciali) tedesco, o il suo trasferimento a livelli sovranazionali meno responsabili, come il debito comune europeo.
Queste sono le stesse pratiche che farebbero finire immediatamente in prigione qualsiasi imprenditore. Se tali strategie fossero considerate legittime, allora forse dovremmo prendere in considerazione l’assegnazione di un premio Nobel postumo per l’economia al finanziere americano Bernie Madoff, perché questo è uno schema Ponzi in piena regola.
E mentre in Italia si multano i motori diesel Euro 6, negli USA si trivella e si pompa gas con metodi vietati in Europa. Perché il fracking fa male, ma solo qui. La Germania, che ieri si faceva vanto di essere green, ha speso 10 miliardi per costruire terminali GNL. E oggi importa il 40% del suo gas da Texas e Louisiana.
L’Italia? Sotto silenzio. Sia a destra che a sinistra. Si dice “diversificazione”, si legge “dipendenza 2.0”.
Si dice “transizione”, si legge “fossili, ma con Trump (e prima Biden) ”. La verità è che la guerra in Ucraina ha dato davvero un alibi perfetto. Via Mosca, dentro Washington. Ma l’effetto purtroppo è lo stesso: dipendenza energetica totale, strutturale, industria soffocata, imprese che non ce la fanno più.
E la beffa è che Bruxelles continua a raccontarci di una rivoluzione verde, poi firma contratti trentennali con chi produce CO₂ a tonnellate, o col Qatar, però poi ti mette gli ETS sui forni a rulli.
Non è solo contraddizione. È ipocrisia sistemica. Una macchina propagandistica che fa la morale al contadino, all’autotrasportatore, poi al piccolo imprenditore… ma non al cargo che scarica qualunque cosa importata in container o in rinfusa a Rotterdam. Cinese, indiana, ma che non produciamo più noi.
Si chiama geopolitica, dicono. NO. E’ solo cinico “realismo”. Se no a Sassuolo chiuderemmo domani, visto che il gas algerino arriva in Sicilia, a Mazara del Vallo, e deve servire tanta gente prima di arrivare qui da noi.
Ma allora basta con le prediche. Basta con la pantomima del Green Deal, il cuore energetico d’Europa batte al ritmo dei pozzi del Golfo Persico, o del Messico. Non rompeteci le scatole, lasciateci fare ceramica in santa pace.
Altrimenti, chi sta pagando tutto questo? Beh la risposta è semplice: lo pagano le imprese europee, lo pagano i lavoratori, lo paga l’intera manifattura industriale. Perché il green, se imposto solo a casa nostra e pagato in dollari a tutti altri, non è un futuro. Lo abbiamo visto con le automobili, un suicidio ridicolo, Lo abbiamo visto col blackout spagnolo. Non crediate che così facendo tutti vadano a fare ceramica negli USA, là preferiscono fare mattoni e tegole, le quantità utilizzate sono ridicole, e sono sempre quelle da anni, preferiscono prodotti più economici, leggeri, facili da installare, ed a basso contenuto energetico.
Il Tennessee si affanna tanto ad invitarci là a fare stabilimenti, ma poi è lontano un anno luce per arrivare sulle metropoli delle 2 coste…solo di trasporto si vanificano tanti vantaggi, meglio importare da Morbi no??
La Russia sta poi perdendo sempre più la sua presa su alcuni degli ex membri dell’Unione Sovietica nel Caucaso, nel bacino del Caspio e in Asia centrale. Questo apre nuovi scenari. La Cina è molto interessata, il che non è certamente nell’interesse dell’Europa. La Turchia invece, vera e propria potenza regionale, sta guadagnando influenza anche in queste aree. Proprio nel Caucaso, la Turchia sostiene l’indipendenza della Georgia, ma sta costruendo relazioni particolarmente strette con l’Azerbaigian, politicamente, energeticamente, logisticamente e militarmente. Anche ceramicamente. Ankara ha anche – non solo per ragioni etniche – stretti legami commerciali, economici e culturali con Uzbekistan, Turkmenistan e Kazakistan.
Il pragmatismo sul Bosforo si sta rivelando vincente. Con impianti spesso cinesi, figli di accordi governativi, quelli buoni però, perché espansivi. Il ruolo dell’Iran invece come potenza regionale nel Medio Oriente e nell’area del Mediterraneo orientale è stato gravemente indebolito, anche ceramicamente, lasciando la Turchia (e Israele, non ceramicamente però) come principali roccaforti regionali.
L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e gli Stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) sono piuttosto in posizione di osservatori per quanto riguarda il Mediterraneo orientale. Ma sono Paesi dove io nearshoring cinese ha già avuto successo, ed ora si arriva sul Mediterraneo, negli Stati più deboli, cioè Libia e Tunisia.
Che fare allora? Beh qualcosa si potrebbe….inseguire e superare i Paesi emergenti sulla rincorsa al nucleare, la partita che si sta giocando in tutto il mondo, perché è l’energia elettrica quella indispensabile, non quella termica.
Le ambizioni nucleari della Cina sono evidenti nella sua crescente presenza in Asia, Africa e America Latina. Pechino offre un pacchetto completo: tecnologia, sviluppo delle infrastrutture, manutenzione delle centrali elettriche e finanziamenti per tutto il loro ciclo di vita.
I contratti tra la Cina e i paesi beneficiari garantiscono sempre ampi privilegi ed esenzioni a Pechino, rafforzando la presenza cinese. Questa rete in crescita è spesso definita “Via della Seta Nucleare”. Le aziende occidentali (americane e francesi) stanno ora faticando a competere con pacchetti di finanziamento sempre più allettanti. Pechino si è impegnata a costruire almeno 30 reattori nucleari nei paesi partecipanti alla sua iniziativa ‘Belt and Road’ entro il 2030. Dove fa fabbriche complete per qualunque cosa. Incluse piastrelle.
I Paesi ora possono contrapporre le offerte cinesi a quelle russe, americane, francesi e sudcoreane, chiedendo migliori condizioni di finanziamento, maggiori trasferimenti di tecnologia e un maggiore controllo sui loro programmi nucleari rispetto a quanto facevano gli americani ed i francesi. Se dobbiamo farci ricattare, facciamolo almeno con una prospettiva, dove oltretutto abbiamo competenze e cervelli, vero Rubbia?
In Europa? Solo la Francia è fortunata ad avere avuto il nucleare da decenni (se no sarebbe già fallita da 20 anni) ma soprattutto ad avere avuto de Gaulle, un generale che è stato un dittatore di fatto, ma democraticamente eletto, un padre della patria che neanche il culto di Ataturk ed il timore reverenziale che ancora dura verso il generalisimo Franco … per fare le cose spiacevoli ma necessarie e lungimiranti serve un decisore, alla Churchill, o alla Eisenhower. Anche lui un generale, guarda caso.
L’eccesso di democrazia altrimenti genera anarchia, e dopo l’anarchia arriva il tiranno. Beh non è certo più Draghi o la BCE, col ricatto dell’euro (che adesso è troppo forte, eh Berlino sei contenta????) ma non può esserlo nemmeno la cricca della Von der Leyen, pura prosecutrice della vera colpevole di tutto questo.
Angela Merkel. C’era uno che ci aveva preso in merito….Buon Cersaie a tutti.

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