SASSUOLO e CASTELLON, paura della recessione

Il rallentamento delle vendite nel settore ceramico spagnolo continuerà quasi sicuramente anche nel 2019, sebbene i passi avanti nel processo progressivo di concentrazione intrapreso nell’industria valenciana delle piastrelle, con la configurazione di nuovi grandi gruppi di imprese, aiuteranno a far meglio nel resistere alle incertezze esistenti rispetto alla crisi del decennio scorso. Questa è una delle conclusioni frutto delle analisi condotte da KPMG nella Comunità Valenciana, che è consulente di ASCER per la quale redige annualmente uno studio relativamente alla situazione di attualità del settore ceramico spagnolo, il cui cluster è di fatto concentrato nella provincia di Castellón, con punte di eccellenza ed importanza a Villarreal, Onda, Alcora e Nules. Nonostante il sensibile rallentamento delle vendite riscontrato dall’industria delle piastrelle già da prima dell’estate, KPMG ha affermato che il 2018 sarà registrato come un altro anno positivo per il settore ceramico spagnolo, anche se è vero che il futuro è visto con maggiore preoccupazione, a causa delle incertezze esistenti, sia nazionali che internazionali, e che l’ultimo tratto dell’anno sicuramente non è stato poi così positivo. Per quanto riguarda le cause di questo rallentamento, sia nelle esportazioni che nelle vendite del mercato nazionale, KPMG ha sottolineato che ci sono stati fattori esterni e interni che stanno cominciando a influenzare, come gli annunci di misure protezionistiche, i dazi minacciati e più volte modificati in Nordafrica ed in Arabia Saudita sempre su istanza dei produttori locali, ma anche la Brexit e la situazione di alcune economie in cui il settore esporta, come il complesso mediorientale con Libano e paesi arabi, o la Russia, tra le altre. KPMG avverte che gli ultimi indicatori evidenziano come l’andamento del settore ceramico negli ultimi mesi potrebbe continuare anche nel 2019, ed il rallentamento dell’attività economica nel settore ceramico spagnolo ha già influito su altre attività, come la produzione di fritte, smalti e colori ceramici, o il trasporto di merci su strada, ma non riguarda naturalmente solo questi settori. La riduzione dell’attività causerà, molto probabilmente, un raffreddamento dell’arrivo di altri investimenti internazionali, che ha portato ad effettuare alcuni acquisti milionari negli ultimi mesi, in particolare vedasi la cifra esorbitante a cui è stata ceduta Keraben a Victoria PLC, la quale, dopo l’ulteriore acquisto di Saloni, è poi crollata col titolo quotato alla Borsa di Londra del 60%, per poi ora riprendersi, ma con fatica, dovendo emettere un bond da ben 450 milioni di Euro. Lo stesso andamento del titolo tra l’altro è stati riscontrato da Mohawk, che possiede Marazzi Iberia e Penarroya, e che da tempo si attendeva consolidasse con altri take-over la posizione nel distretto spagnolo, oltre che naturalmente a Sassuolo dove è sempre considerato fisiologicamente in caccia, ma che ora si è concentrato su Eliane in Brasile.Va ricordato che, solo nel 2017, le transazioni ‘chiuse’ relative alla cessione di proprietà di aziende del distretto ceramico, principalmente da investitori internazionali, hanno avuto un Enterprise Value superiore a 1.000 milioni di euro, di cui una buona parte è ricaduta sui precedenti soci proprietari, come la famiglia Benavent di Keraben o Montalbo di El Halcon, ma anche ai numerosi fondi specializzati in ‘distressed companies’, i quali, dopo aver negoziato il debito con le principali banche creditrici con grossi haircut, hanno poi rivenduto con laute plusvalenze. E’ il caso di Saloni, di Rocersa, ma ci sono state diverse altre realtà come Azulev/Sanchis, Tencer, o Equipe, in cui gli assetti si sono via via modificati. Le aspettative sui prezzi o sui parametri come i multipli di Ebitda per chiudere le transazioni in corso, in scenari di crescita con rallentamento, sono ovviamente opposte, per opportunità od esigenze negoziali della parte buy-side o sell-side. Infatti, tutte queste operazioni che sono state alla fine chiuse negli ultimi mesi, così come altre meno eclatanti ma non meno importanti negli anni più severi della crisi, sono – e saranno – fondamentali per dare i mezzi finanziari e manageriali con cui poter resistere alle turbolenze dei prezzi e dei mercati, in un momento di oggettivo slow-down delle vendite, sperando di non assistere a fenomeni già visti di leve finanziare esageratamente gravose appioppate sul groppone delle aziende acquisite che devono ripagare il debito contratto per liquidare i vecchi soci con generosi flussi di cassa. A questo proposito, KPMG fa suo un nostro vecchio cavallo di battaglia, BIGGER is BETTER, confermando che solo i grandi gruppi, tranne rare e ben specifiche eccezioni, hanno le armi, cioè capacità e mezzi, adeguati per affrontare le sfide del prossimo triennio senza grossi patemi d’animo, essendo proiettati su prospettive di lungo periodo indipendenti dalle famiglie proprietarie delle aziende più piccole. Nel frattempo, i dati di fine settembre in Spagna hanno creato qualche timore. Francia, Italia, Germania, Israele, Libano, Russia, Polonia, Messico e Belgio sono i paesi che chiudono in negativo il terzo trimestre 2018, anche se alcuni rimangono in vantaggio nei 9 mesi cumulati. Il settore ceramico spagnolo ha oggettivamente avuto un forte calo nei suoi primi mercati di esportazione nel mese di settembre, come registrato nell’ultimo rapporto del commercio estero pubblicato dal Ministero dell’Industria. La piastrella spagnola, rispetto al 2017, ha diminuito le vendite in nove dei suoi 15 primi mercati di esportazione a settembre 2018, in particolare i risultati sono diminuiti in percentuale anno su anno in Francia, Italia, Germania, Israele, Libano, Russia, Polonia, Messico e Belgio. Il principale calo è stato in Libano, con un calo del 23% su base annua, seguito da Messico (-12%) e Russia (-11%). Particolarmente preoccupante sembra essere il calo delle vendite registrato in Francia, che è il primo cliente della ceramica spagnola. Il mercato francese ha ridotto del 3,7% il fatturato di prodotti spagnoli a settembre rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Nel complesso, quest’anno solo quattro dei primi 15 clienti del settore ceramico spagnolo sono a fine settembre 2018 con risultati negativi, ma il trend ad inizio anno era molto migliore. Il Regno Unito rimane al terzo posto nella classifica dei primi clienti, sebbene sia diminuito dell’1% su base annua. Da parte sua, Israele cede molto, nell’ordine del 7,8% . L’Arabia Saudita è ancora più in basso, con un calo dell’export che raggiunge il 33% quest’anno, sebbene rimanga al settimo posto nella classifica di Tile of Spain, le esportazioni di piastrelle verso il Libano, l’undicesimo mercato di esportazione, sono diminuite del 12,1% nei primi nove mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, complessivamente le esportazioni di ceramica ammontano a 2.013 milioni di euro da gennaio a settembre 2018, con una crescita dell’1,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso , con una percentuale che rientra nelle ultime previsioni dei datori di lavoro in ceramica, che rappresentano un aumento di un piccolo 1,5% delle esportazioni alla fine del 2018. I produttori di fritte e smalti ceramici, le cui vendite all’estero sono parimenti calate in settembre, hanno resistito un po’ meglio, dal momento che i cali sono stati registrati in sei dei primi 15 mercati, cioè il 40% . L’India, la Cina, la Germania, la Russia, gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto hanno chiesto meno fritte e smalti dalla provincia di Castellón a settembre, ma nell’anno cumulativo solo Cina, Russia, Marocco e Emirati Arabi sono in negativo. L’industria spagnola delle piastrelle ricorderà dunque il 2018 come un anno di ‘crisi’? Certo non è stato un disastro, anzi, sebbene siano stati numerosi e diversi gli ostacoli con cui l’industria di Castellon e dintorni ha avuto a che fare in questo esercizio. Tutti questi disturbi, in un modo o nell’altro, hanno comunque contribuito a generare una fase di rallentamento. Da un lato, Castellon ora deve affrontare l’inchiesta antidumping avviata contro la piastrella spagnola, indiana e cinese da parte dei paesi del Golfo Persico, sollecitata esplicitamente dal gigante nazionale Saudi Ceramics oggi in chiara difficoltà finanziaria e manageriale. Questo problema non è indifferente, considerando che uno di questi paesi, l’Arabia Saudita, è il settimo cliente estero. Nella classifica parziale che va da gennaio a settembre, il settore ha esportato in questo mercato, che vale 65 milioni di euro, il 33,4 per cento in meno rispetto all’anno precedente. Tuttavia, l’associazione Ascer ha riferito che l’industria spagnola non ha nulla da temere, come più volte dimostrato, dall’apertura di indagini da parte di altri Paesi, in particolare il Marocco o l’Algeria, perchè la piastrella spagnola non commette in generale una pratica commerciale scorretta. D’altra parte, la diversificazione della produzione ceramica nel mondo impedisce alla categoria ‘Tile of Spain’, così come alla piastrella italiana, di raggiungere una crescita costante nelle vendite estere. Non si tratta affatto di una questione di qualità assoluta o di rapporto qualità/prezzo, semplicemente, c’è una forte concorrenza di produzioni locali quasi ovunque all’estero. Per questo, secondo Ascer, l’espansione delle esportazioni non può che essere moderata, e negli ultimi mesi si sono registrate cadute anche inaspettate nei tempi e nelle quantità, ma tutto sommato inevitabili, e non per recessione che ancora non c’è se non locale….certo, se dovesse arrivare, e fosse globale, inizierebbero problemi seri. Le statistiche dicono che il settore ha registrato per la terza volta una battuta d’arresto nel commercio estero in soli cinque mesi. Il rallentamento nei mercati internazionali ha causato una riduzione nelle previsioni di fine anno da parte di Ascer : con il calo dello 0,9 per cento in settembre rispetto allo stesso mese dello scorso anno, ed un volume d’affari di 202 milioni di euro, si è fatto seguito al calo di maggio e giugno per un 3,1 per cento, l’anno dovrebbe chiudersi in sostanziale pareggio con il 2017, con la differenza che la ‘coda’ degli investimenti in capacità e produttività dovrebbe pesare un po’ di più sui conti. Per questo, si profilano pure all’orizzonte diverse riduzioni di orario e di organico, anche perché l’incremento dei prezzi dell’energia avuto nel 2018 e che proseguirà ancora per un po’ nel 2019 sicuramente toglierà qualcosa ancora alla marginalità – se non alla competitività-di chi, come Italia e Spagna, acquista gas dall’estero.

Ing. Cristiano Canotti

Articoli correlati